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-Acqua- -Cereali- -Lieviti- -Aromi-
AMMOSTAMENTO E CHIARIFICAZIONE
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NOZIONI GENERALI
La birra è probabilmente la bevanda alcolica più consumata al mondo oltre ad essere una della più antiche.
In sintesi la birra si ottiene facendo fermentare cereali o più raramente altre piante, poi si aggiungono lieviti (che determinano il grado alcolico e la formazione di anidride carbonica) e alcuni aromatizzanti che influiscono sul profumo ed il gusto.
Questa è una definizione generica che comprende praticamente tutti i tipi di birra, ma le variabili sono così tante da poter produrre migliaia di birre diverse.Procediamo con ordine.
Ovviamente l’ingrediente principale della birra è l’acqua che raggiunge circa il 90% del prodotto finito.
Il secondo elemento fondamentale è il cereale da far fermentare.
Si può produrre la birra con qualunque tipo di cereale, anche se quello più utilizzato è l’orzo.
In certi paesi per motivi di opportunità non vengono utilizzati cereali, ma altre piante.
A parità di ingredienti la fermentazione è il processo di lavorazione fondamentale che differenzia i tipi di birra. Ci sono diversi tipi di fermentazione. Generalmente durante la lavorazione dei cereali vengono usati additivi aromatici naturali in genere per contrastare la dolcezza del malto o conferire gusti particolari alla birra.
Il luppolo è decisamente il più noto ed usato, ma in alcuni casi sono utilizzati altri aromi naturali.
Infine la pastorizzazione o meno ed il tipo di contenitore (bottiglia, fusto, botte) possono influire sulla conservazione ed il consumo del prodotto finito.
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Acqua
Ovviamente l’ingrediente principale della birra è l’acqua che raggiunge circa il 90% del prodotto finito. I grandi birrifici industriali per avere un prodotto standard trattano l’acqua prima della lavorazione vera e propria per avere sempre le stesse caratteristiche di base.
Per esempio acque molto dure sono più indicate per la produzione della stout, come la Guinness mentre acque dolci sono adatte alla produzione di birre tipo lager.
Cereali
Il secondo elemento fondamentale è il cereale da far fermentare.
Si può produrre la birra con qualunque tipo di cereale, anche se quello principe è l’orzo.
Siccome gli zuccheri di molti cereali allo stato naturale non sono fermentabili occorre una lavorazione per trasformarli. In qualche caso come il mais o il riso è sufficiente la cottura, mentre nella maggior parte dei casi è necessaria la “maltazione” o “maltificazione”.
Generalmente si usa una miscela di vari tipi di cereali aggiungendo o sostituendo all’orzo altri ingredienti tipo frumento, sorgo, miglio, grano saraceno o altro.
Surrogati dei cereali
In certi paesi per motivi di opportunità vengono utilizzate altre piante, così possiamo avere birre di patata o agave in Sud America o birra di alcune radici di piante in Africa.
Lieviti
I lieviti sono fondamentali per la fermentazione e a seconda del tipo utilizzato classificano la birra in tre grandi famiglie: -Ale o birre ad alta fermentazione;
-Lager o birre a bassa fermentazione
-Lambic o birre a fermentazione spontanea (queste ultime prodotte prevalentemente in Belgio).
Aromi
Infine gli additivi aromatici naturali sono utilizzati in genere per contrastare il sapore dolciastro del malto o aromatizzare la birra.
-Luppolo
Il luppolo è decisamente il più utilizzato.
Ne esistono diverse varietà. Può influenzare in diversi modi le caratteristiche della birra. Se aggiunto nella fase iniziale della bollitura serve a rendere più amara la birra, mentre se aggiunto in una fase avanzata della lavorazione viene sfruttato per le qualità aromatiche.
-Altre piante
In alternativa al luppolo si possono trovare birre aromatizzate con castagno, tabacco, canapa o altre piante aromatiche.
-Frutta
In molte birre nel processo di produzione viene aggiunta frutta, succo di frutta o sciroppo di frutta. Oltre all’aroma si ha un maggiore apporto di zuccheri che va ad incrementare il processo di fermentazione e quindi oltre al gusto può aumentare il grado alcolico.
-Spezie
Certe spezie (pepe, zenzero, noce moscata ecc), erano largamente usate fino ad alcuni secoli fa prima dell’ introduzione in grande scala del luppolo.
-Miele
Alcuni microbirrifici francesi utilizzano il miele per produrre una particolare tipologia di birra. -Mosto di uva
Con la diffusione di birrifici in Italia è nata una nuova tipologia di birra usando come sostanza aggiuntiva l’uva o il mosto di uva, ingrediente fondamentale del vino.
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MALTAZIONE
Le fasi principali della maltazione sono germinazione e tostatura.
Siccome gli zuccheri del chicco di cereale (in genere orzo) non sono disponibili per i successivi processi di fermentazione è necessario procedere con la maltazione, che è il processo per ridurre gli amidi complessi del cereale in zuccheri più semplici in grado di alimentare i lieviti della fermentazione.
Il processo comincia con la germinazione che consiste nell'idratare il seme affinché germogli e nasca la piantina. Questo attiva degli enzimi che sommati all'effetto dell'assorbimento dell'acqua da parte del chicco ne alterano la struttura chimica. In genere l'idratazione richiede un paio di giorni dove il cereale viene immerso in una quantità di acqua pari circa alla metà del peso del cereale stesso. In questa fase l'acqua deve essere cambiata diverse volte per evitare l'insorgere di muffe. Successivamente il cereale viene steso su una superficie per una o due settimane in un ambiente pulito ed areato a temperatura costante perché avvenga la germinazione vera e propria. In questa fase i grani vengono rivoltati circa ogni 12 ore.
Quando il germoglio supera la metà e prima che arrivi alla lunghezza del chicco la germinazione viene interrotta essiccando il cereale.
L'essiccazione avviene per circa un paio di giorni in ambiente ventilato rivoltando spesso i chicchi ad una temperatura di circa 40° per poi passare alla tostatura vera e propria che avviene nei successivi 2/3 giorni a temperature che possono variare dai 70 ai 200°.
Nella fase di tostatura che in base alla ricetta può variare molto per durata e temperatura, si decidono già alcune caratteristiche fondamentali del prodotto finito.
Temperature alte danno un malto scuro o nero, temperature più basse possono dare un malto caramello o chiaro, caratteristiche queste che si riscontreranno poi nel colore della birra.
Il germoglio nato nella germinazione troppo ricco di proteine potrebbe alterare chimicamente il successivo mosto e dare un sapore sgradevole e quindi generalmente dopo l'essiccamento viene eliminato.
Dopo questo processo l'orzo è finalmente diventato malto in grado di essere trasformato in mosto fermentabile. Oltre all'orzo si possono usare anche frumento, segale, avena, grano saraceno. In genere si usano altri cereali se l'orzo è di difficile approvvigionamento, oppure se si vuole produrre un prodotto particolare, altrimenti quando si parla di malto per la produzione di birra, il malto per eccellenza è quello d'orzo.
In molte produzioni vengono usati cereali misti.
Da segnalare le birre weizen tedesche o blanche belghe che sono birre a base di frumento. La differenza è che mentre per le weizen il grano viene maltato per le blanche il grano non viene sottoposto al processo di maltazione.
Alcuni cereali come riso o mais non necessitano di maltazione, ma vengono semplicemente cotti.
Una volta prodotto il malto viene stoccato in sili o sacchi e lasciato maturare anche un mese per poi essere affidato ai mastri birrai che dai cereali preparati passano alla fase successiva: l'ammostamento che come intuibile serve a produrre il mosto fermentabile.
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AMMOSTAMENTO E CHIARIFICAZIONE
Nell'ammostamento i cereali (chiamati grani) opportunamente trattati in precedenza (maltati o cotti), miscelati e macinati subiscono un processo di idratazione con acqua a determinate temperature per arrivare ad ottenere un liquido denso e pastoso. Questa fase serve a scomporre ulteriormente gli amidi dei grani in zuccheri più semplici.
Il termine inglese per ammostamento è mashing. Con "mash in" si intende la prima fase dove i grani vengono immersi in acqua calda per portare la miscela ottenuta ad una determinata temperatura e fatta "sostare" per diversi minuti a quella temperatura per ottenere alcuni processi sugli zuccheri. Poi viene innalzata la temperatura fino ad un'altra "sosta" di diversi minuti per ottenere altri processi chimici sugli zuccheri e questa operazione viene ripetuta diverse volte a temperature crescenti secondo la ricetta del mastro birraio fino a quando non si raggiunge la temperatura di 78° dove tutti i processi si interrompono, l'ammostamento è terminato e si parla di "mash out”.
Ecco a titolo esplicativo gli enzimi che agiscono alle varie temperature.
Le fitasi – lavorano tra i 30° e i 52° - fase in cui viene abbassato il ph della miscela (valori compresi tra 4,44 e 5,5);
Le beta-glucanasi – lavorano tra i 36° e i 45° - fase di produzione in cui si vanno a degradare i beta-glucani (degradandoli molto si ottiene una filtrazione migliore; degradandoli meno si otterrà una migliore stabilità colloidale della schiuma della birra – è quindi opportuno trovare il giusto compromesso - pH compreso tra 4,5 e 5,0);
Le proteasi e le peptidasi – lavorano tra 46 ei 57 – fase in cui avviene la degradazione delle proteine e la produzione di FAN (pH compreso tra 4,6 e 5,2);
Le beta-amilasi – lavorano tra i 62° e i 65° - fase in cui avviene la degradazione dell’amido in maltosio (zuccheri fermentiscibili);
Le alfa-amilasi – lavorano tra i 72° e i 75° - fase in cui avviene la degradazione dell’amido in destrine (zuccheri non fermentiscibili).
A 78° il processo giunge al termine.
Non è necessario “fare soste”a tutte le temperature sopra indicate, dipende dalla ricetta e dal prodotto finale che si vuole. Certo è che la fase di ammostamento è fondamentale per il gusto della birra in quanto determina corposità, disponibilità di zucchero fermentabile e schiuma della birra.
In questa fase è anche fondamentale tenere sott'occhio il pH che se supera una certa soglia può lasciare un sapore sgradevole sul prodotto finito.
I metodi per impastare acqua e grani e portarli alle varie temperature sono fondamentalmente tre: infusione, infusione inglese, decozione.
L'infusione prevede l'immersione dei grani in tutta l'acqua calda necessaria in un recipiente idoneo e poi si lavora alzando la temperatura con fonti di calore esterne.
L'infusione inglese prevede l'aggiunta dell'acqua gradatamente. Quando occorre alzare la temperature si versa altra acqua opportunamente portata alla temperatura necessaria.
La decozione è leggermente più complessa perché della miscela di acqua e grani se ne preleva una parte che sarà l'unica riscaldata alla temperature calcolata e poi rimescolata col resto dell'impasto per alzare la temperatura di tutta la miscela. L'operazione è da ripetere per tutte le "soste" necessarie. Ovviamente per questa tecnica è necessario calcolare bene quantità, tempi e temperature.
Portata alla temperatura di 78° la miscela è pronta ed abbastanza fluida per essere filtrata. È questa la fase chiamata chiarificazione che darà il mosto pronto per essere bollito.
Al termine della saccarificazione la miscela deve essere filtrata in maniera tale da separare le trebbie solide dal mosto limpido. Generalmente per recuperare tutti gli zuccheri prodotti dalla fase di ammostamento dopo una prima filtrazione (definita running off) che avviene semplicemente per caduta le trebbie solide rimaste vengono risciacquate di nuovo con acqua calda (processo che viene definito sparging) fino a quando esauste possono essere utilizzate nell'allevamento zoologico come alimento per le loro ottime proprietà.
Il mosto ottenuto dalla prima filtrazione a caduta e l'acqua di risciacquo che ha raccolto gli zuccheri rimasti vengono miscelati per poi passare alla fase della bollitura.
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BOLLITURA E RAFFREDDAMENTO
La bollitura è un altro passaggio fondamentale per la produzione di una buona birra.
Consiste nel portare a temperature di bollitura il mosto in un recipiente idoneo. In questa fase viene aggiunto generalmente il luppolo che lascia il sapore amarognolo che serve a contrastare gli zuccheri. Ovviamente la quantità aggiunta e il tempo di bollitura influiranno sul sapore finale. Alcuni birrai immergono il luppolo in svariati momenti. Questa fase è detta anche luppolatura.
La bollitura è importante anche per concentrare il mosto che potrebbe essere troppo diluito.
Altro fenomeno che si verifica durante questa fase è che gli zuccheri sottoposti alle alte temperature tendono a cristallizzare prendendo un caratteristico colore più o meno caramellato. Ovviamente anche qui le scelte del mastro birraio su tempi e temperature di cottura sono fondamentali per le caratteristiche del prodotto finale.
Da segnalare che durante la bollitura o il raffreddamento nel mosto possono formarsi dei coaguli, veri e propri agglomerati di proteine che reagendo coi tannini formano dei grumi che in genere (ma non sempre e ovviamente dipende dal mastro birraio) vengono tolti per non influire sul gusto della birra.
Grazie alle temperature raggiunte con la bollitura il prodotto viene anche sterilizzato. Oggi potrebbe sembrare una cosa poco importante perché i processi precedenti possono vantare un adeguato livello di igiene e sicurezza, ma in passato non era certamente così e il passaggio di sterilizzazione con la bollitura era fondamentale per rendere la birra batteriologicamente sicura da bere.
Per permettere l'evaporazione e concentrare il mosto è consigliabile effettuare la bollitura senza coperchio anche perché alcune sostanza aromatiche sgradevoli al nostro olfatto che si creano in fase di cottura dei cereali se ne vanno insieme al vapore.
Dopo la bollitura è importante raffreddare il mosto in breve tempo e portarlo il prima possibile alla temperatura di fermentazione. Per fare questo generalmente si usano scambiatori di calore che abbattono in poco tempo la temperatura da circa 100 a sotto i 25°.
È anche utile durante il raffreddamento, agitando, travasando, o mescolando, aerare il mosto per fare in maniera che si ossigeni. Ciò per permettere agli enzimi che verranno inoculati di innescare il processo di fermentazione. Siamo finalmente pronti per la fermentazione.
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FERMENTAZIONE
Abbiamo visto come sia importante la scelta della miscela dei cereali, come sia importate la tostatura per il colore finale, come le temperature di ammostamento influiranno sulla schiuma, sulla corposità e sulla disponibilità zuccherina, come gli aromi aggiunti nella bollitura influiranno sul sapore e come sia importante che tutte le fasi siano supercontrollate igienicamente per non avere muffe che rovinerebbero il prodotto finale. Ma quello ottenuto con tutto questo lavoro è solo mosto.
Per trasformarlo in birra occorre quella che è la fase più importante: la fermentazione. Questa avviene grazie all’aggiunta di lieviti.
La fermentazione in più del 95% dei birrifici è indotta, mentre solo in minima parte è spontanea.
La fermentazione indotta una volta innescata è anaerobica, cioè gli enzimi lavorano e trasformano zuccheri in alcool in assenza di ossigeno, ma la presenza di ossigeno nella fase iniziale è molto importante per innescare la reazione e se il mosto non è stato ben ossigenato durante il raffreddamento la fermentazione potrebbe non partire.
I tipi di lievito utilizzato nella fermentazione indotta sono essenzialmente due: “Saccharomyces carlsbergensis” e “Saccharomyces cerevisiae”.
Questi due enzimi concorrono a produrre oltre il 95% della birra mondiale.
I “Saccharomyces carlsbergensis” danno le birre definite "Lager", chiamate anche birre a bassa fermentazione.
I “Saccharomyces cerevisiae” danno le birre definite "Ale", chiamate anche birre ad alta fermentazione.
La differenza sta nelle temperature di lavorazione e nella durata del processo.
I lieviti delle birre a bassa fermentazione lavorano a 7-9°. Una volta esausti questi lieviti tendono a depositare sul fondo, da qui (e non dalla temperatura) il nome di bassa fermentazione. La famiglia delle "Lager" comprende molti tipi di birre ed è di gran lunga la più prodotta e consumata al mondo.
I lieviti delle birre ad alta fermentazione lavorano ad una temperatura di 12/23°. Richiedono un tempo minore per arrivare a maturazione. Una volta esausti questi lieviti tendono a galleggiare in superficie e da qui il nome di alta fermentazione.
Esistono soprattutto in Belgio una minima parte di birre a fermentazione spontanea. In questo caso il mosto è conservato in recipienti larghi e bassi per avere una grande esposizione all'aria in maniera che vengano inoculati naturalmente nel mosto batteri lattici presenti nell'ambiente. Queste birre chiamate "Lambic" hanno un sapore forte ed acidulo abbastanza diverso dalle birre a fermentazione indotta.
Partita la fermentazione, all’inizio, (prima fermentazione) i lieviti si riproducono velocemente e aggrediscono la maggior parte degli zuccheri. Una volta trasformati oltre il 90% degli zuccheri in alcool la birra viene in genere travasata in un altro recipiente eliminando molti residui solidi e leviti esausti, si entra in una seconda fase chiamata anche maturazione o seconda fermentazione. Il processo di fermentazione diventa più lento, dura più a lungo della prima fase e alla fine la birra ormai tale viene gradatamente raffreddata per poi in genere essere filtrata in maniera che non contenga impurità.
Questi processi descritti così sommariamente in realtà possono variare tantissimo per quantità di lieviti inoculati, temperature di lavorazione, durata di lavorazione, reintroduzione di lieviti o aromi durante la maturazione della birra ed ogni birrificio tende a non divulgare le proprie ricette che sono peculiari per caratterizzare gli stili delle birre.
A questo punto siamo finalmente pronti per il confezionamento.
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CONFEZIONAMENTO
Si potrebbe pensare che a questo punto la birra prodotta abbia raggiunto le sue caratteristiche definitive, invece le variabili che possono modificare il sapore nel bicchiere del consumatore sono ancora molte.
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Però dopo la fermentazione e prima del confezionamento quasi tutte le birre vengono portate ad una temperatura di circa 60° per il cosiddetto processo di pastorizzazione. Quelle che non sono sottoposte a questo processo sono chiamate per convenzione birre crude. È intuibile che le birre pastorizzate si conservano più a lungo (molti mesi) e quasi tutte le birre industriali lo sono, mentre le birre non pastorizzate dopo poche settimane se mal conservate, possono sviluppare batteri che potrebbero renderle acide. Inoltre un fusto di 20/30 litri di birra alla spina pastorizzata una volta cominciato si conserva molto più a lungo di un fusto analogo di birra cruda che una volta aperto deve essere consumato nel giro di poche ore.
Essendo la birra un prodotto millenario, gli antichi, intesi come tali coloro vissuti prima degli studi del chimico Louis Pasteur, conoscevano solamente la birra cruda e probabilmente se non la consumavano fresca erano abituati ad alterazioni del gusto.
A difesa della birra cruda c’è però da dire che se consumata fresca ha molti più enzimi vivi, ha proprietà organolettiche migliori, ha aromi naturali che non vengono alterati dalla lavorazione per cui il gusto secondo molti birrai è decisamente più pieno ed appagante. Come vedremo fra poco la non pastorizzazione è una caratteristica di molte birre artigianali.
Altro processo a cui è sottoposta la birra dopo la fermentazione è la carbonatazione.
La birra anche se durante la fermentazione produce CO2 non è una bevanda naturalmente molto frizzante. Se fosse acqua, potrebbe essere definita come alcune acque minerali effervescente naturale, cioè non completamente liscia, ma neanche gassata come la conosciamo.
Nel caso di confezionamento in bottiglia o lattina la carbonatazione può avvenire in due modi.
Il metodo più veloce è l'addizione diretta di anidride carbonica (carbonatazione forzata), che però per i costi e la tecnica richiesta è generalmente utilizzata dai birrifici industriali.
In questo caso il prodotto appena confezionato è già pronto per il consumo.
Microbirrifici, birrifici artigianali e homebrewers, (coloro che si fanno la birra in casa attraverso appositi kit di materie prime che sono in commercio), tendenzialmente usano la carbonatazione naturale o "priming". Consiste nell'aggiungere una piccola quantità di zuccheri al momento dell'imbottigliamento che alimentano un ulteriore fermentazione che crea anidride carbonica imprigionata nelle bottiglia chiusa. Si crea così una pressione che si sprigiona quando si stappa la bottiglia producendo la necessaria "gasatura". Questo processo presuppone un ulteriore tempo di maturazione della birra dentro la bottiglia, quindi non può essere consumata subito e presuppone dei calcoli precisi per stabilire la quantità di zuccheri da aggiungere nella bottiglia per ottenere la "gasatura" voluta o idonea allo stile della birra prodotta.
Una considerazione molto importante è che per rifermentare la birra in bottiglia è necessario avere enzimi attivi disponibili. Se la birra avesse subito dopo la fermentazione il processo di microfiltrazione e di pastorizzazione sarebbe molto difficile attivare la carbonatLorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Integer adipiscing erat eget risus sollicitudin pellentesque et non erat. Maecenas nibh dolor, malesuada et bibendum a, sagittis accumsan ipsum. Pellentesque ultrices ultrices sapien, nec tincidunt nunc posuere ut. Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Nam scelerisque tristique dolor vitae tincidunt. Aenean quis massa uada mi elementum elementum. Nec sapien convallis vulputate rhoncus vel dui.azione naturale.
Qui emergono le differenze sostanziali tra birrifici artigianali e industriali.
I birrifici industriali hanno bisogno di procedure standardizzate per garantire sempre la stessa caratteristica del prodotto, per cui dopo la fermentazione c'è una microfiltrazione per avere un prodotto limpido senza impurità e una pastorizzazione che garantisce la durata necessaria per la distribuzione su vasta scala.
Le produzioni artigianali essendo molto limitate anche quantitativamente, hanno necessità diverse e possono approfittare delle caratteristiche che hanno le birre crude.
A volte le birre artigianali per scelta dei birrai non sono neanche filtrate dopo la fermentazione e si presentano torbide per la presenza di sostanze in sospensione.
Come sempre quando ci sono alternative contrapposte ci sono sostenitori e detrattori da ogni parte ed il dibattito su quale sia la birra migliore è molto aperto.
Abbiamo preso in considerazione il confezionamento in bottiglia (o lattina), ma per la birra in fusti da distribuire con impianti alla spina il processo di carbonatazione è completamente diverso.
La birra infustata non viene addizionata di anidride carbonica, perché è l'impianto del locale dove viene servita ad iniettare gas dentro il fusto attraverso un tubicino per fare uscire da un tubicino parallelo la birra che arriverà così al rubinetto (spina) e quindi al bicchiere.
La pressione alla quale è regolato l'impianto e quindi la spinta con la quale l'anidride carbonica entra nel fusto miscelandosi alla birra determinerà la “frizzantezza” che arriverà al bicchiere.
La maggioranza degli impianti alla spina utilizza esclusivamente CO2 alimentare. Alcune birre (per esempio le stout) vengono "spinate" con una miscela di anidride carbonica e azoto. Sono impianti in carbo-azoto utili per certe birre che usano anche rubinetti leggermente dLorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Integer adipiscing erat eget risus sollicitudin pellentesque et non erat. Maecenas nibh dolor, malesuada et bibendum a, sagittis accumsan ipsum. Pellentesque ultrices ultrices sapien, nec tincidunt nunc posuere ut. Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Nam scelerisque tristique dolor vitae tincidunt. Aenean quis massa uada mi elementum elementum. Nec sapien convallis vulputate rhoncus vel dui.iversi e che danno una consistenza ed una schiuma diversa.
Anche la modalità di spinatura, cioè come la birra viene versata nel bicchiere dal rubinetto può cambiare la consistenza della schiuma, la corposità e la "frizzantezza" della birra. Quindi paradossalmente dallo stesso impianto e dallo stesso fusto nello stesso momento si possono ottenere due bicchieri di birra molto diversi.
Dopo avere visto sommariamente quante e quali possono essere le variabili che influiscono sulla tipologia di birra vediamo quali sono gli stili (così vengono definiti) più famosi.
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CLASSIFICAZIONE
Le birre vengono classificate in base a diverse caratteristiche.
La più comune riconosciuta da chiunque è la colorazione.
A seconda del tipo di cereale e di tostatura si hanno malti più chiari o scuri che influenzano molto il colore finale. Per cui si sente genericamente parlare di birra bionda, chiara, ambrata, rossa, scura, nera.
Altra classificazione riguarda il grado alcolico (condizionato dalle modalità di fermentazione). Birra "leggera" identifica una birra poco alcolica, mentre "birra doppio malto" (definizione che non ha uno specifico significato tecnico) identifica una birra abbastanza alcolica.
Esiste anche una scala di misurazione del grado di amarezza definita IBU (International Bitterness Unit) condizionata sia dal tipo di malto (il malto è zuccherino e conferisce dolcezza), sia dal tipo e dalle dosi di luppolo (aromatizzante che rende la birra amara).
Le caratteristiche sopra descritte (colore, grado alcolico e gusto più o memo amaro) sono riconoscibili da tutti e sono le motivazioni principali che influenzano la scelta di una birra piuttosto che un altra da parte del consumatore, sia quello meno esperto, sia quello più esigente.
Qui l'obbiettivo non è fare un elenco completo delle centinaia di stili di birra esistenti anche perché non esiste un disciplinare universalmente riconosciuto, ma attraverso la storia (evoluzione delle tecnologie), e la geografia (disponibilità di materie prime), proviamo a fare chiarezza su quali siano i principali stili di birra.
I tre grandi gruppi in cui vengono riconosciute le birre sono legati alla fermentazione: ALE, LAGER, LAMBIC.
ALE o birre ad alta fermentazione
Agli albori probabilmente la fermentazione era spontanea, cosa che ad oggi avviene solo per un certo tipo di birre in Belgio: le LAMBIC.
Ben presto però venne selezionato un ceppo di microorganismi monocellulari della famiglia dei funghi (Saccharomyces cerevisiae) usato dagli antichi anche per la panificazione e vinificazione. È il lievito responsabile del tipo più comune di fermentazione. Ancora oggi viene usato ed è comunemente chiamato lievito di birra.
Le birre prodotte con questo lievito sono definite ALE o birre ad alta fermentazione e per secoli ALE probabilmente è stato sinonimo di birra.
Fino al XVII secolo la tostatura dei cereali fatta col fuoco dava malti di colore abbastanza scuro e di conseguenza anche le birre erano scure. A metà del XVII secolo con la rivoluzione industriale in Gran Bretagna l'utilizzo del carbone per la tostatura dei cereali ha permesso la produzione di malti più chiari ed è cominciata la produzione di birre chiare chiamate PALE ossia pallide.
Veniva poi importata dal centro Europa l'abitudine di aromatizzare le birre col luppolo così che in Gran Bretagna nacquerò le PALE ALE (birre ad alta fermentazione, di colore chiaro, amare perché aromatizzate col luppolo) chiamate all'epoca BITTER. Si contrapponevano a quelle già diffuse all'epoca PORTER o MILD più maltate e aromatizzate con altre erbe (quindi meno amare). PORTER identificava una birra prodotta inizialmente a Londra e poi esportata attraverso le colonie britanniche in tutto il mondo. Era invecchiata, di colore scuro, non troppo amara, abbastanza alcolica e zuccherina. Per queste caratteristiche era molto importante come alimento per le fasce basse di popolazione. Per il suo metodo di produzione ad un costo contenuto è stata per anni la birra dei lavoratori (il nome deriva dai "porters" ossia i facchini nei porti). Probabilmente nel XIX secolo è stata la birra più diffusa. Le STOUT-PORTER (o DOUBLE-PORTER, o PORTER-EXTRA) identificavano delle PORTER ancora piu forti per sapore a grado alcolico. Dopo le guerre mondiali con la carenza di materie prime queste birre hanno diminuito molto il grado alcolico e sono state abbandonate da molti paesi rimanendo in voga solo in Gran Bretagna, la patria delle ALE.
Col tempo la GUINNES (marchio di un birrificio molto noto Irlandese) catalogata inizialmente come STOUT-PORTER abbandonò il termine PORTER e fu la prima birra definita solo STOUT. Forse anche l'origine geografica ha contribuito a questa diversificazione storica: PORTER in Gran Bretagna, STOUT in Irlanda.
Oggi PORTER identifica una birra nera a bassa gradazione alcolica, non troppo luppolata mentre STOUT indica una birra nera sempre a bassa gradazione, amara, con aromi di caffè, cacao, lattosio od altri aromi, una carbonatazione particolare e una diversa consistenza e persistenza della schiuma.
MILD era una birra di colore dall'ambrato allo scuro, abbastanza dolce, che si contrapponeva alle PORTER perché da consumare giovane per chi non apprezzava birre forti.
Ancora oggi una MILD è una birra giovane dove il dolce del malto prevale sull'amaro del luppolo, di un colore che varia dall'ambrato al rosso al marrone,e con un grado alcolico generalmente non oltre quattro gradi.
Altre definizioni che si possono trovare riguardo le ALE sono BROWN ALE, birre prodotte con un particolare tipo di malto chiamato "brown" che da alla birra un caratteristico colore ambrato-marrone. Hanno caratteristiche simili alle MILD. OLD ALE sono birre invecchiate e dolcemente maltate, abbastanza scure. La gradazione alcolica è abbastanza alta.
Le BARLEY WINE sono simili alle OLD ALE perché invecchiate. In passato la differenza non era molto marcata e il nome BARLEY WINE, letteralmente vino d'orzo, indicava una birra scura stagionata, poco luppolata e molto alcolica. Forse il nome è stata un'idea commerciale di qualche produttore. Oggi le OLD ALE sono forse più scure, ma leggermente meno alcoliche, mentre le BARLEY WINE possono rientrare nel gruppo delle STRONG ALE (birre con un elevato grado alcolico). Sono comunque birre poco diffuse.
Alcune ALE miscelano malto PALE (chiaro) con una parte di malto caramellato o tostato e ottengono un colore ambrato-rosso. Di qui la definizione di AMBER ALE (ambrate). Esempio di birre ambrate sono le SCOTCH ALE tipiche della Scozia, corpose, maltate e speziate con altre erbe per la difficoltà storica di reperire luppolo nella regione scozzese.
Famose per il loro colore "rosso" legato sempre al tipo di malto usato sono le IRISH RED ALE, a bassa gradazione alcolica. Come le scure STOUT, anche le rosse IRISH RED ALE sono tipiche dell'Irlanda.
Torniamo alle PALE ALE oggi le più diffuse fra le birre ad alta fermentazione.
Prodotte con malti abbastanza chiari hanno un colore che va dal dorato al ramato. L'utilizzo massiccio del luppolo le rende abbastanza amare. La quantità e il tipo di luppolo le caratterizza e diversifica. Famose nella storia sono state le IPA (INDIAN PALE ALE), nate per l'esportazione in India dall'Inghilterra. Le navi che portavano le spezie, piuttosto che tornare verso le Indie vuote potevano trasportare la birra ad un costo contenuto. Dovevano affrontare un lungo viaggio e siccome il luppolo funziona anche da conservante le IPA erano le birre più amare perché molto luppolate. Lo stile si è poi diffuso anche nelle Americhe. Nacquero le AMERICAN PALE ALE (APA) prodotte nel continente americano con luppoli locali.
Ancora oggi IPA e APA sono sinonimo di birre ad alta fermentazione chiare e molto amare.
Le ENGLISH PALE ALE (chiamate in passato anche BITTER per distinguerle da PORTER e MILD), sono prodotte in Inghilterra e anche se con un buon aroma di luppolo non raggiungono il grado di amarezza delle IPA.
Finora abbiamo visto birre ad alta fermentazione della Gran Bretgna (la patria delle ALE) o dei territori influenzati direttamente come colonie o protettorati, ma esistono altre realtà legate ad alcune zone geografiche. L'ALTBIER (o solo ALT) è una birra prodotta con malto caramellato e antica ricetta ad alta fermentazione nella zona di Dusseldorf in Germania. Ha un colore ambrato-marrone.
Sempre in Germania la KOLSCH è una birra chiara di cui si ha notizia solo da qualce decennio, è a bassa gradazione alcolica, poco luppolata, è prodotta nella zona di Colonia.
Per le BELGIAN ALE rimandiamo al capitolo delle birre Belghe.
Per chiudere l'argomento delle birre ad alta fermentazione bisogna parlare delle birre dove il cereale caratteristico non è l'orzo, ma il frumento presente al 50% e oltre nel malto. Non sono definite ALE. Se prodotte in Germania sono chiamate WEISS BIER o WEIZEN BIER (birra bianca o di grano), se prodotte in Belgio sono chiamate BLANCHE o WHITE.
La definizione birra "bianca" non è legata al colore, ma alle caratteristiche della schiuma che si forma durante la fermentazione. Generalmente non sono filtrate e quindi per la presenza di lieviti in sospensione quando vengono servite sono torbide.
Le BLANCHE (vedi birre Belghe) rispetto alle WEISS tedesche sono più chiare perché il cereale non è tostato, non sono luppolate ma più speziate e fruttate.
Le WEIZEN nate in Germania hanno un ulteriore ramificazione di stili.
Le WEIZEN classiche sono definite HEFEWEIZEN (hefe significa lievito in tedesco), hanno colore dorato e sono torbide. KRISTALLWEIZEN sono WEIZEN classiche con l'eccezione che essendo filtrate hanno un colore limpido e cristallino.
WEIZENBOCK sono birre prodotte già nel medio evo in Sassonia da monaci che durante le festività soprattutto Natale e Pasqua producevano questa birra ad alta fermentazione con malti scuri e con una fermentazione lunga per avere una gradazione alcolica più alta delle altre birre. Grazie al loro maggiore valore nutritivo aiutavano i monaci durante i digiuni.
Oggi WEIZENBOCK generalmente indica una WEIZEN con una gradazione più alta, non necessariamente scura come in passato, senza aromi di luppolo.
DUNKELWEIZEN sono WEIZEN prodotte con un metodo antico di tostatura del cereale che dà un malto più scuro ed hanno un colore ambrato marrone, ma non arrivano al grado alcolico delle WEIZENBOCK.
BERLINER WEISS è un marchio registrato dall'Associazione Birrai di Berlino che rivaluta un antico stile di birra caratterizzato da bassa gradazione alcolica, ma alta acidità, caratteristica oggi rara e non sempre apprezzata, dovuta ad alcuni batteri lattici del grano presenti spontaneamente o se necessario inoculati.
Di moda a Berlino e dintorni, per correggere il forte sapore acido, viene servita spesso con sciroppo di lampone o asperula che le conferiscono un caratteristico colore rosso o verde brillante e la rendono una bevanda dissetante molto fresca, frizzante e leggera.
LAGER o birre a bassa fermentazione
Se per le birre ALE si usa lievito Saccharomyces cerevisiae, per le birre LAGER si usa il lievito Saccharomyces pastorianus, detto anche Saccharomyces carlsbergensis o addirittura Saccharomyces monacensis. Senza entrare nella discussione ancora oggi aperta della nomenclatura chimica assegnata nel XIX secolo da chi li ha isolati (https://en.wikipedia.org/wiki/Saccharomyces_pastorianus) diciamo che già nel XV secolo si produceva birra a bassa fermentazione, probabilmente senza conoscere le proprietà dei lieviti.
La birra LAGER viene fatta fermentare ad una temperatura più bassa ed il lievito una volta esaurito il proprio lavoro si deposita sul fondo. Questo processo che può durare alcune settimane, definito "lagerizzazione" permette alla birra di maturare e auto-filtrarsi. Si depositano sul fondo i lieviti, il luppolo, i tannini e tutte le particelle in sospensione, lasciando limpida la birra.
A riprova della non conoscenza chimica in passato del lievito citiamo l'"Editto della purezza". È una legge del 1516 della Baviera estesa poi dopo a tutta la Germania. Prevedeva che la birra fosse prodotta esclusivamente con acqua, orzo e luppolo. I lieviti non erano citati dalla legge, vennero nominati molto più tardi. Inoltre questa legge è stata superata solo nel XX secolo con la Comunità Europea che ha unificato le normative per i paesi dell'UE, ma ancora oggi molti birrifici soprattutto Bavaresi si attengono a questo disciplinare per produrre alcune birre.
È chiaro a questo punto che se la patria delle ALE è la Gran Bretagna le LAGER sono tipicamente Tedesche e del centro Europa. Ovviamente nei secoli le contaminazioni fra gli stili sono state fondamentali per produrre le birre che oggi conosciamo. Per esempio il luppolo, aromatizzante tipico delle LAGER è diventato l'aromatizzante principale anche per le ALE, ma anche alcune caratteristiche delle ALE hanno influenzato le LAGER.
Fondamentale a metà dell'800 è stato il viaggio in Europa di un componenete della famiglia che gestiva la birreria SPATEN in Baviera. Al ritorno applicò alcune tecniche che aveva visto per produrre le PALE ALE, e produsse una LAGER più corposa e stabile. La nuova ricetta ebbe molto successo anche se i malti tedeschi ancora tostati sul fuoco davano una birra ambrata o scura.
La birra "chiara" come la conosciamo oggi è "nata" nel 1842 quando questa nuova ricetta è arrivata in Boemia nella città di Plzeň (in Tedesco Pilsen). L'utilizzo di un malto essiccato ad una bassa temperatura (tutt'oggi chiamato malto PILS) associato ad una qualità di luppolo locale ha prodotto una birra chiamata in onore della città dove era nata PILSNER che in breve si è diffusa in tutta Europa. Oggi PILS è uno stile di birra fra i più noti e consumati al mondo. È noto per il caratteristico sentore del luppolo, quindi è una birra abbastanza amara.
Aperta questa strada dalla PILSNER URQUELL (la prima PALE LAGER) lo stile si è diffuso subito in altre zone iniziando così quella che si può considerare la birrificazione moderna e industriale.
A Dortmund, storicamente grosso centro di produzione ed esportazione di birra, lo stile definito DORTMUNDER è nato usando malto PILS, ma limitando l'amaro del luppolo tipico delle PILS.
Anche in Baviera le HELLES usano malto PILS e le caratteristiche sono molto simili alla DORTMUNDER. Forse c'è ancora più equilibrio fra malto e luppolo rispetto alle birre di Dortmund.
Anche se oggi queste sono le birre più diffuse, rimangono altri storici stili di birre LAGER.
SCHWARZBIER: è una birra Tedesca di un colore simile alle STOUT o alle PORTER. Anche il sapore con sentori di caffè o cacao è affine, ma forse è un pò meno amara. Il grado alcolico non è molto elevato.
Sempre scure sono anche le DUNKEL, marroni o ambrate, ma difficilmente nere cone le SCHWARZBIER.
Sono prodotte con una antica ricetta che prevede in fase di ammostamento la tripla decozione per cui sono più maltate e meno amare delle SCHWARZBIER. Questa tecnica si può applicare anche alle WEIZEN per produrre le DUNKELWEIZEN.
Decisamente più corpose ed alcoliche sono le BOCK le cui origini sono segnalate nella città di Einbeck in Sassonia. Erano prodotte inizialmente in certi periodi dell'anno da monaci che sopperivano a periodi imposti di digiuno con le qualità zuccherine ed alcoliche di queste birre. Poco luppolate storicamente erano abbastanza scure, mentre oggi si possono trovare BOCK anche ambrate o rosse.
La tecnica come per le DUNKEL si può applicare alle birre ad alta fermentazione di grano producendo le WEIZENBOCK. Molte birre TRAPPISTE sono prodotte con questa ricetta. Oltre alle BOCK classiche che hanno una gradazione che può arrivare a 7,5° si sono sviluppati anche alcuni sottostili importanti.
Le MAIBOCK o HELLES BOCK forse un pò più chiare (con un colore dorato-ambrato), essendo più luppolate hanno un gusto leggermente più amaro delle altre BOCK ache se ne conservano il grado alcolico. DOPPELBOCK indica come lascia intendere il nome una birra ancora più alcolica (può arrivare anche a 9°) e di colore più scura delle altre BOCK. EISBOCK tradizionale della zona di KULMBACK si ottiene dalla refrigerazione di una DOPPELBOCK.
Una volta eliminato il ghiaccio la birra resta più corposa ed alcolica. Può arrivare anche a 12° ed oltre. Il colore può arrivare al rosso-marrone con riflessi rubino.
Anche la MARZEN ha una origine storica. Nel 1539 in Baviera per legge nel periodo caldo dell'anno fra il 23 aprile e il 29 settembre le caldaie per la bollitura della birra venivano sigillate per impedire incendi e per altri motivi di sicurezza. Quindi la birra prodotta in marzo (Marz in Tedesco) doveva conservarsi fino all'autunno perché in estate non veniva prodotta. Per conservarsi era una birra più alcolica ed è diventata la birra servita in quanto l'unica disponibile nel periodo dell'OKTOBERFEST. Il colore delle MARZEN è ambrato-marrone.
Uno stile simile prodotto però in Austria da DREHER è stato definito VIENNA LAGER.
Le eredi delle MARZEN servite oggi all'OKTOBERFEST definite OKTOBERFESTBIER, da qualche decennio sono po' più simili alle HELLES e possono essere prodotte solo dalle birrerie della città di Monaco dove si svolge la manifestazione. Sono sei: Augustiner, Hacker-Pschorr, Hofbräu, Löwenbräu, Paulaner e Spaten.
Anche la VIENNA LAGER (oggi la birra nazionale Austriaca) è probabilmente oggi un po’ più chiara e simile ad una PALE LAGER rispetto alla sua antenata prodotta nel XIX secolo.
Concludiamo questa carrellata con le KELLER. Sono birre confezionate senza essere filtrate, in genere non sono pastorizzate e sono da consumare giovani. Anche se questa tecnica può essere applicata a diversi stili, di solito sono LAGER abbastanza chiare che si presentano torbide per la presenza di lieviti e hanno una gradazione alcolica sui 5°.
LAMBIC o birre a fermentazione spontanea
Si tratta di birre di frumento dove non vengono inoculati lieviti, ma per una elevata esposizione all'aria fermentano con enzimi spontanei. Siccome la fermentazione non è controllata generalmente sviluppano un'alta acidità, che conferisce un sapore acre non da tutti apprezzato.
Possono esere consumate giovani (young) se fatte maturare per 3-6 mesi (comunque sotto un anno), ma possono essere anche stagionate per 2-3 anni (old). Difficilmente sono imbottigliate, per cui sono servite alla spina nella regione di produzione (i dintorni di Brussels).
Le invecchiate prendono un gusto secco, vinoso e spiccatamente acidulo, che le rende uniche.
Oltre alle LAMBIC pure abbiamo alcune varianti legate agli aromatizzanti:
FARO sono LAMBIC molto giovani aromatizzate con zuccheri o caramello per addolcirne il gusto.
GUEUZE sono una miscela di LAMBIC giovani e stagionate per stimolare una rifermentazione in bottiglia. Le bottiglie in genere sono da 75 ml tappate in sughero e gabbietta che protegge dalla CO2 che si produce direttamente nelle bottiglie.
Sono conservate in cantina, coricate esattamente come il vino, a differenza di alcune ALE rifermentate in bottiglia, che sono conservate in posizione verticale.
FRUITS BEERS sono prodotte con aggiunta di frutta o estratto di frutta prima della seconda fermentazione. La frutta più utilizzata è l'amarena.
BIRRE BELGHE.
Questo argomento viene trattato a parte perché nel 2016 la "Cultura Belga della birra" è stata iscritta dall'UNESCO nel patrimonio culturale immateriale dell'umanità e molte birre sono peculiari di questo territorio. Le BELGIAN ALE (birre belghe ad alta fermentazione) si dividono in importanti sottogruppi.
-birre TRAPPISTE: non è un vero e proprio stile di birra, ma il marchio di un consorzio regolato da un disciplinare che prevede la produzione di birra entro le mura di una abbazia trappista o sotto il controllo di monaci trappisti, non per motivi commerciali, ma per il sostentamento dei monaci o per beneficenza. Possono essere birre chiare o scure ed appartenere ai più svariati stili. In genere sono molto corpose, speziate e con una elevata gradazione alcolica. Da notare che alcune birre TRAPPISTE possono essere prodotte anche in alcune abbazie al di fuori del Belgio.
-birre D'ABBAZIA: come per le TRAPPISTE lo stile può variare molto, ma sono sempre birre alcoliche, poco luppolate, molto speziate e corpose. Non possono vantare il marchio TRAPPISTA in quanto il legame con l'abbazia è soltanto una concessione per l'utilizzo del marchio o dell'antica ricetta, ma la produzione è industriale ai fini commerciali.
Molte birre TRAPPISTE o D'ABBAZIA riportano come seconda indicazione lo stile es. DUBBEL, TRIPEL ecc. -BLONDE o GOLDEN ALE: fanno parte delle PALE ALE, (quindi sono chiare) e sono prodotte con lo stessi tipo di malto con cui si producono le PILS (PALE LAGER), rispetto alle quali però hanno un grado alcolico più alto.
-AMBER ALES: birre ambrate, alcoliche non molto amare.
-DUBBEL: birre in genere scure che con l'aggiunta di zucchero di barbabietola caramellato rifermentano spesso in bottiglia e prendono sapori fruttati e speziati.
-TRIPEL: una variante belga delle STRONG PALE ALE britanniche, molto alcoliche.
-QUADRUPEL o GRAND CRU: birre scure ad alta fermentazione, rifermentate in fusto o bottiglia, generalmente TRAPPISTE, spesso oltre 9/10° alcolici.
-FRUIT BEER: birre che dopo una prima fermentazione vengono fatte rifermentare con l'aggiunta di frutta.
-FLEMISH RED: birre ad alta fermentazione con l'aggiunta di lattobacilli, (i lieviti dello yogurt), prodotte con un malto tostato in modo particolare e poi invecchiate in rovere. Il risultato è un a birra di un colore rosso-bruno, molto aspra e schiumosa.
-WHITE o WHEAT BEER o BLANCHE (vedi anche WEISS BIER): birre di frumento come le WEISS tedesche. La differenza è che le WEISS sono prodotte con un malto di grano tostato, mentre nelle WHITE il malto non è tostato e il gusto fruttato perché prevalgono aromatizzanti come il coriandolo e la buccia d'arancia. Il colore è più chiaro tendente al giallo. Anche le WHITE come le WEISS sono birre torbide per la presenza di lieviti.
Oltre a queste ALE tipiche del Belgio vengono prodotte anche BROWN ALE, SCOTCH ALE, STOUT.(Vedi capitoli dedicati) -CHAMPAGNE BEERS: birre prodotte col metodo di fermentazione dello champagne. Quindi il perlage è fine come nello champagne, ma il gusto è quello della birra.
-SAISON: birra tipica della regione Vallonia, nata prima dei metodi di refrigeramento artificiale da birrai belgi che facevano fermentare la birra nelle stagioni fredde (da qui il nome che significa stagione), per non rovinare la fermentazione col caldo estivo.
Consumata a fine estate oggi è uno stile di birra prodotto anche fuori dal Belgio, molto negli Stati Uniti.
Per quanto riguarda le LAGER esistono anche in Belgio produzioni di PILS e BOCK.
Esclusive del Belgio sono le birre a fermentazione spontanea: le LAMBIC (vedi capitolo LAMBIC).
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CONCLUSIONI
Per chi ha letto fino a questo punto precisiamo che questa non è una guida definitiva e nemmeno completa sulle varie modalità di produrre la birra, anche perchè essendo una bevanda prodotta a livello globale è ovvio che l'influenza geografica e culturale sia fondamentale per le abitudini alimentari.
Anche le tecnologie evolvendosi nel tempo hanno contribuito a modificare le ricette e quindi il prodotto finito. Oggi nel mondo si stima che circa l'80% delle birre prodotte siano LAGER e fra queste la parte del leone la fanno le PALE LAGER. Difatti con il comune termine "birra" l'immaginario va al classico bicchiere o boccale di birra bionda leggera.
Per birre scure o più alcoliche o con aromi particolari non è raro sentire parlare di birre "speciali".
Questo grazie anche alla standardizzazione e alla globalizzazione post bellica che ha portato all'appiattimento dei gusti. Nel secolo scorso per colpa di questa industrializzazione di massa dei processi alimentari molti stili di birra e molte ricette antiche sono state messe nel dimenticatoio, o nella migliore delle ipotesi relegate a mercati locali di nicchia che ne hanno conservato la tradizione.
Oggi grazie a una nuova cultura e alla possibilità di accedere abbastanza facilmente alle informazioni, alle materie prime e alle tecnologie produttive c'è un fiorire in molti paesi di birrifici artigianali o microbirrifici che stanno riscoprendo tutte queste antiche ricette variando molto la proposta con prodotti anche di qualità elevata.
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APPROFONDIMENTI
Per chi vuole approfondire la materia di seguito citiamo alcune fonti importanti:
-Il volume di Fred Eckhardt: A treatise on Lager beers (1969);
-Il volume di Michael Jackson: The world guide to beer (1977);
-Il volume di Fred Eckhardt: The essentials of beer style (1989);
-La risorsa on line: Beer judge certification program (https://dev.bjcp.org)
-La risorsa on line: Brewers Association Beer Style Guidelines. (https://www.brewersassociation.org/edu/brewers-association-beer-style-guidelines/)